Furla Series #01
Online sreenings from Time after Time, Space after Space
Riproposte per la prima volta alcune delle performance del progetto Furla Series - Time after Time Space after Space in occasione della Giornata del Contemporaneo.
Museo del Novecento e Fondazione Furla presentano, in occasione della diciassettesima Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, una iniziativa online che l’11 dicembre ripropone sulle piattaforme web delle due istituzioni alcune delle performance presentate in sala Fontana tra settembre 2017 e aprile 2018 nell’ambito del progetto Furla Series – Time after Time, Space after Space, a cura di Bruna Roccasalva e Vincenzo de Bellis.
Il tema del performativo è il fil rouge di questa edizione, individuato per la sua capacità di essere catalizzatore e attivatore di relazioni e azioni che possono generare nuove forme di coinvolgimento di pubblici e aumentare l’impatto sociale del museo nella comunità di riferimento.
Le performance di artisti molto diversi come Simone Forti, Adelita Husni-Bey e Paulina Olowska, chiamati a interpretare lo spazio del museo con nuove produzioni o reenactment di azioni che hanno segnato tappe fondamentali della loro carriera, rappresentano una pluralità di approcci al linguaggio performativo, restituendo la complessa sperimentazione che da anni riguarda questa forma espressiva.
Le performance saranno visibili in versione integrale nella sola giornata dell’11 dicembre 2011 a partire dai seguenti orari:
ore 10.00 – Simone Forti. To Play the Flute
ore 11.30 – Adelita Husni-Bey. Frangente/Breaker
ore 14.00 – Paulina Olowska. Slavic Goddesses and the Ushers
Simone Forti. To Play the Flute
Museo del Novecento, 21-23 settembre 2017
To Play the Flute consiste nel reenactment di quattro performance storiche che rappresentano tappe fondamentali nel percorso artistico di Simone Forti: da Huddle e Censor (1961) fino a Cloths (1967) e Sleepwalkers (1968), la selezione restituisce alcuni degli elementi chiave che contraddistinguono il suo approccio alla performance, come la combinazione di azioni e oggetti e il ruolo fondamentale del suono.
Simone Forti è nata a Firenze nel 1935. Vive e lavora a Los Angeles.
Artista, performer e coreografa italoamericana, è da oltre cinquant’anni una delle principali figure di riferimento della danza postmoderna. Dai movimenti minimali e prosaici dei suoi primi lavori, tra tutti Dance Constructions (1961) – oggi parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York –, alle improvvisazioni che coniugano parola e movimento, la sua ricerca ha profondamente influenzato la danza e le pratiche performative contemporanee.
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Adelita Husni-Bey. Frangente/Breaker
Museo del Novecento, 17-18 gennaio 2018
Frangente/Breaker è un evento in tre atti che si snoda lungo un percorso all’interno e all’esterno degli spazi museali, creando un unico momento di riflessione sulle dinamiche della percezione, sui concetti di autorità, nazionalismo e confine.
Partendo da Cementarmato (2018), che attiva un’interazione del pubblico con la collezione permanente del museo, l’evento prosegue con Sull’Esilio (2018), un dialogo insegnanti di italiano e persone recentemente migrate in Italia, e si conclude con Azione per una Catena Umana (2011), che vede protagonisti nella piazza del Duomo due gruppi di performer che competono per la realizzazione della propria barriera di protezione, senza mai riuscire nel loro intento.
Adelita Husni-Bey è nata a Milano nel 1985. Vive e lavora a New York.
L’utopia, le regole, l’educazione, gli esperimenti sociali sono tematiche centrali della sua ricerca che si declina in vari media e spesso si avvale di collaborazioni multidisciplinari. Basandosi su un’idea partecipativa di performance, l’artista organizza articolate situazioni laboratoriali, indagando il rapporto tra dimensione individuale e collettiva.
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Paulina Olowska. Slavic Goddesses and the Ushers
Museo del Novecento, 6 marzo 2018
Ispirato al lavoro della visionaria artista Zofia Stryjeńska (1891-1976), Slavic Goddesses and the Ushers nasce come evoluzione della performance Slavic Goddesses – A Wreath of Ceremonies, presentata nel 2017 al The Kitchen di New York. Le divinità slave, già soggetto della performance newyorkese, sono protagoniste anche di Slavic Goddesses and the Ushers in cui sei manichini al centro di Sala Fontana indossano i costumi realizzati dall’artista stessa a partire dalla serie di dipinti Bożki słowiańskie (Divinità slave, 1918) della Stryjeńska. Ad accompagnare il pubblico nella partecipazione a questo cerimoniale sono quattro figure-guida (Ushers), una delle quali è impersonata dal compositore Sergei Tcherepnin che esegue un proprio intervento sonoro.
Paulina Olowska è nata a Danzica nel 1976. Vive e lavora a Cracovia.
La sua pratica artistica coinvolge media diversi, a partire dalla pittura per arrivare alla performance, indagando spesso il tema della memoria e della nostalgia. Rifacendosi alle utopie moderniste e a un immaginario tipico della cultura popolare americana e esteuropea – in particolare della Polonia del periodo socialista – le sue opere generano riflessioni su modelli culturali e le loro ricadute sull’idea di femminismo e consumismo.
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11 Dicembre 2021
Giornata del Contemporaneo
ONLINE SCREENINGS FROM
TIME AFTER TIME, SPACE AFTER SPACE
PROGRAMMA
10.00:
SIMONE FORTI. To Play the Flute
11.30:
ADELITA HUSNI-BEY. Frangente/Breaker
14.00:
PAULINA OLOWSKA. Slavic Goddesses and the Ushers